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Messaggio  Avv. Cristina Zorzi Mar Mag 26, 2009 11:36 am

Il primo comma dell’art.12 del D.L. n.70 del 14.3.1988, convertito, con modificazioni, nella L,n,154 del 13 maggio 1988, ha esteso “ai trasferimenti di fabbricati o della nuda proprietà, nonché ai trasferimenti ed alle costituzioni di diritti reali di godimento sugli stessi, dichiarati…, ma non ancora iscritti in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita” l’applicazione del criterio di c.d. “valutazione automatica”, già vigente per i soli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita.
La c.d. “valutazione automatica” è stata introdotta, in materia di imposta di registro, dal c.4 dell’art.52 del Testo unico dell’imposta di registro, approvato con D.P.R. n.131 del 26 aprile 1986, nonché, in materia di imposta sulle successioni e donazioni, dal c.5 dell’art.26 del D.P.R. n.637 del 26 ottobre 1972 (successivamente trasfuso nel c.5 dell’art.34 del D.Lgs.n.346 del 31 ottobre 1990).
Il citato art.12 del D.L.n.70/1988 prevede che, per usufruire della valutazione automatica, l’interessato deve:
- dichiarare, nell’atto di trasferimento o nella dichiarazione di successione, di volersi avvalere delle disposizioni dell’art.12 del D.L.n.70/1988;
- presentare all’ufficio tecnico erariale competente (attualmente ufficio provinciale dell’Agenzia del territorio) la domanda di voltura, allegando alla richiesta specifica istanza di attribuzione della rendita catastale;
- produrre alla competente Agenzia delle Entrate la ricevuta di avvenuta presentazione della domanda di cui al punto precedente “entro sessanta giorni dalla data di formazione dell’atto pubblico, o di registrazione della scrittura privata, ovvero dalla data di pubblicazione o emanazione degli atti giudiziari, ovvero dalla data di presentazione della dichiarazione di successione”.
L’Agenzia del Territorio, entro 10 mesi dalla data in cui è stata presentata la domanda di voltura, provvede ad inviare all’Agenzia delle Entrate, presso la quale ha avuto luogo la registrazione dell’atto, un certificato catastale attestante l’avvenuta iscrizione con attribuzione di rendita.
L’Agenzia delle entrate calcola quindi l’imposta dovuta e, qualora il valore tabellare risultante a seguito della procedura descritta sia superiore a quello dichiarato, procede al recupero della differenza d’imposta, senza applicare sanzioni.
Ai sensi del c.2/bis dell’art.12 del D.L.n.70/1988, per le unità immobiliari urbane che sono oggetto di denuncia in catasto tramite la procedura prevista dal regolamento emanato con D.M. n.701 del 19 aprile 1994, la valutazione automatica si applica, con riferimento alla rendita proposta, “alla sola condizione che il contribuente dichiari nell’atto di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo”. In tale ipotesi, quindi, non sono necessari gli ulteriori adempimenti a carico sia dei contribuenti che degli uffici finanziari (cfr. circolari n.83/T del 9.4.1999 e n.2/T del 3.1.1997).
In mancanza di espressa previsione normativa, al fine di fornire chiarimenti in ordine ai termini cui è soggetta l’azione di recupero dell’imposta di registro derivante dalla eventuale differenza tra il valore tabellare e quello dichiarato, è stata emanata la circolare n.112/E del 17.4.1997.
Nel documento di prassi, in adesione al parere reso dall’Avvocatura generale dello Stato con consultazione n.2847 del 9 gennaio 1992, pur ritenendosi astrattamente applicabile al caso di specie il termine di prescrizione ordinaria in considerazione del fatto che l’ufficio si limita ad una operazione di mera liquidazione dell’imposta che sarebbe dovuta sin dal momento della registrazione qualora l’immobile fosse già dotato di rendita catastale, si è raccomandato agli uffici di “provvedere a richiedere le somme dovute in applicazione dell’art.12 della L.n.154/1988 entro il termine di tre anni dalla data di registrazione dell’atto”.
Sulla legittimità, ai fini del recupero della maggiore imposta, dell’utilizzo dell’avviso di liquidazione la giurisprudenza di legittimità si è espressa in modo unanime (si vedano, tra le altre: Cass., sentenza n.378 dell’11.1.2006; n.2480 del 6.2.2006; n.27070 del 18.12.2006; n.8997 del 16.4.2007; n.14221 del 19.6.2007; n.18865 del 7.9.2007; n.15449 del 14.5.2008; n.16434 del 18.6.2008).
La giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni escluso l’applicabilità nella fattispecie in esame del termine prescrizionale, dichiarando la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dalla pretesa impositiva quando l’avviso di liquidazione dell’imposta sia stato notificato oltre il termine triennale di cui all’art.76 del Testo unico dell’imposta di registro.
La Corte di cassazione ha ritenuto che, già su un piano generale, il termine concesso all’Amministrazione finanziaria per richiedere il pagamento delle imposte ha natura decadenziale, in quanto la regola dell’ordinarietà del termine di prescrizione rispetto all’eccezionalità della decadenza “non si presta ad essere utilizzata nell’ambito del diritto pubblico, il quale è caratterizzato dalla presenza di poteri, il cui esercizio da parte di chi ne è titolare non è libero…” e “le attività accertative … sono dalla legge vincolate al rispetto di rigorosi termini di decadenza, la cui esistenza è da considerare pertanto connaturata al loro svolgimento, a tutela del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione, oltre che degli interessi dei contribuenti” (Cass., sentenza n.7088 del 29.7.1997; conforme, Cass., sentenza n.2055 del 10.3.1999).
D’altra parte, la previsione di una decadenza, che risulta caratterizzare “le norme che stabiliscono termini per il provvedimento impositivo nell’ambito di ciascuna disciplina di tassazione diretta od indiretta, risponde all’irrinunciabile esigenza di porre scadenze perentorie per l’atto dell’ufficio, allo scopo di assicurare certezza al rapporto ed insieme tutelare il contribuente con la predeterminazione del tempo massimo del suo assoggettamento all’atto stesso” (Cass., SSUU, sentenza n.1196 del 21.11.2000).
Coerentemente con tale impostazione, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che nella fattispecie in esame “trova applicazione … il termine di decadenza triennale (e non quello biennale: cfr. Cass. nn.13856/04, 10192/03, 8418/02) previsto dal D.P.R. n.131/1986, art.76” (Cass., sentenza n.23649 del 9.9.2008).
In senso conforme, con orientamento ormai consolidato, si sono espresse le sentenze della Corte di cassazione n.17215 del 28.7.2006, n.16098 del 20.7.2007, n.18865 del 2007, cit., n.25685 del 10.12.2007, n.1049 del 18.1.2008, n.6358 del 10.3.2008, n.22466 del 5.9.2008.
La Corte di cassazione ha inoltre ritenuto che al termine concesso all’ufficio dell’Agenzia delle entrate per recuperare la maggiore imposta di registro dovuta non possono sommarsi i dieci mesi assegnati dall’art.12 del D.L.n.70/ 1988 all’ufficio del territorio per l’attribuzione della rendita, sul rilievo dell’“assenza di specifiche disposizioni che prevedano l’aggiunta del tempo assegnato per l’attribuzione della rendita a quello triennale stabilito dall’art.76 del D.P.R. n.131 del 26 aprile 1996” (Cass., sentenza n.13303 del 19.7.2004).
E’ stato, altresì, sottolineato che il termine di dieci mesi concesso all’ufficio dell’Agenzia del territorio per comunicare all’ufficio dell’Agenzia delle entrate l’attribuzione della rendita è inidoneo ad ampliare il termine di decadenza triennale, in quanto “assolve funzioni meramente organizzative, interne all’Amministrazione finanziaria” (Cass., sentenza n.15515 dell’11.8.2004), “costituendo quella dell’UTE una attività endoprocedimentale equiparabile sostanzialmente ad un atto istruttorio dell’Amministrazione” (Cass., sentenza n.9601 del 9.5.2005). In senso analogo, si sono espresse le sentenze della Suprema Corte n.9705 del 10.5.2005; n.12163 del 9.6.2005; n.24529 del 21.11.2005.
Da ultimo, la riportata impostazione giurisprudenziale è stata ribadita dalla Corte di cassazione con le sentenze n.25685 del 2007, cit., e n.1049 del 2008, cit..
Sulla individuazione della decorrenza del termine triennale, la giurisprudenza non ha fornito risposte univoche, oscillando tra diversi orientamenti.
Secondo un primo orientamento, il dies a quo del termine in questione va individuato nella data della richiesta di registrazione dell’atto “secondo quanto stabilito dall’art. 76 comma 2, lettera a), del D.P.R. n.131 del 26 aprile 1986, trattandosi di conguaglio dell’imposta principale e non di liquidazione di imposta complementare” (Cass., sentenza n.15811 del 12.7.2006).
Un altro orientamento rileva, invece, che i tre anni per la richiesta della maggiore imposta decorrono “dalla richiesta di registrazione, ovvero dal momento successivo in cui per effetto della richiesta di attribuzione della rendita catastale il contribuente abbia ottemperato all’onere posto a suo carico per consentire l’attività di liquidazione” (Cass., sentenza n.13856 del 23.7.2004; conforme, Cass., sentenza n.6515 del 18.3.2009). In modo ancora più chiaro, la Cassazione rileva che il termine per il recupero della maggiore imposta decorre “dal momento in cui il contribuente abbia depositato all’ufficio del registro la ricevuta della sua istanza di attribuzione della rendita catastale, condizione per avvalersi della liquidazione tabellare del bene (Cass. 8418/2002, cit.,5340/2006)” (Cass., sentenza n.16098 del 20.7.2007, cit., e, in precedenza, n.9601 del 2005, cit.; n.15515 del 2004, cit.). “E’ solo a partire da tale momento, infatti, che l’amministrazione è in grado di dar corso alla procedura per la determinazione della rendita predetta e la conseguente liquidazione dell’imposta di registro dovuta” (Cass., sentenza n.8418 del 13.6.2002; conforme, Cass., sentenza n.13303 del 2004, cit.).
E’ quest’ultimo l’orientamento che gli uffici devono far valere in giudizio, fermo restando che, prudenzialmente, come indicato nella circolare n.112/E del 1997, gli stessi comunque provvedono a richiedere le somme dovute in applicazione dell’art.12 in questione entro il termine di 3 anni dalla data di registrazione dell’atto.
Tenuto conto di quanto esposto nei precedenti paragrafi e restando salve per il resto le istruzioni di cui alla circolare n.112/E del 1997, gli uffici riesaminano caso per caso le controversie pendenti concernenti la materia in esame e proseguono solo quelle riguardanti avvisi di liquidazione notificati entro il termine di 3 anni dalla data di consegna all’ufficio della ricevuta dell’istanza di attribuzione della rendita catastale ovvero, se detta istanza è stata presentata con la procedura prevista dal D.M n.701 del 1994 – richiamata al punto 1 – dalla data di registrazione dell’atto.
Le liti aventi ad oggetto, invece, avvisi di liquidazione notificati oltre il predetto termine devono essere abbandonate, sempre che non siano sostenibili altre questioni, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio, con le modalità di rito.
L’ufficio, nel chiedere che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, prende motivatamente posizione anche sulle spese di giudizio fornendo al giudice elementi che possano giustificare la compensazione delle stesse, qualora sul punto non sia stato raggiunto un accordo con il contribuente.
Resta fermo che la contestazione relativa alla decadenza dell’ufficio dal potere di recuperare l’imposta può essere validamente dedotta in giudizio esclusivamente nel ricorso in primo grado (Cass., sentenza n.18019 del 24.8.2007; n.478 dell’11.1.2008).
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli uffici.
Avv. Cristina Zorzi
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